Perchè "The Lancet Regional Health Europe” non è la stessa cosa della rivista “The Lancet” e perché un editoriale non è un articolo scientifico!
The Italian health data system is broken
In questi giorni c’è stato un enorme proliferare di commenti all’editoriale pubblicato sulla rivista The Lancet Regional Europe “The Italian health data system is broken”. Moltissimi esponenti di spicco del mondo della sanità italiana hanno reagito in maniera veemente a questo breve testo, con posizioni spesso contrastanti. C’è chi ha considerato le critiche della rivista come fuori luogo, altri come un campanello d’allarme, altri ancora come una conferma degli effetti nefasti di avere di fatto 21 sistemi sanitari distinti, le cui differenze nel tempo sono state amplificate.
Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire meglio i fondamentali…
The Lancet è universalmente riconosciuta come una delle riviste mediche più autorevoli al mondo, con un'illustre storia che risale al 1823. L’ultimo Impact Factor è di 98.4. Questo risultato riflette il rigore del suo processo di peer review e la qualità della ricerca originale che pubblica, selezionata da un editorial board composto da esperti di altissimo livello e guidato Richard Horton. The Lancet accoglie principalmente articoli di ricerca originale, revisioni sistematiche e analisi approfondite che esercitano un'influenza significativa sulle politiche sanitarie globali e sulla pratica clinica. Nonostante l’elevatissima qualità, anche The Lancet ha pubblicato nel corso del tempo contenuti non idonei (per altro ritirati solo dopo molti anni e numerose segnalazioni) come ad esempio il testo di Andrew Wakefield su autismo e vaccini e gli studi farlocchi di Paolo Macchiarini sui trapianti di trachea. Non ci interessa, però, entrare nel merito dei contenuti pubblicati qualche giorno fa o sulla “qualità” degli stessi, perché NON li ha pubblicati The Lancet….
L’editoriale (NON L’ARTICOLO) che ha spinto praticamente tutto il mondo della Sanità italiana che conta a pronunciarsi con urgenza è stato pubblicato su “The Lancet Regional Health Europe”, parte della serie “The Lancet Regional Health”. Si tratta di nuove riviste open access lanciate molto più recentemente rispetto alla rivista “madre”, con ISSN distinti, dedicate a specifiche aree geografiche, come l'Europa o le Americhe. Sebbene queste pubblicazioni offrano un'importante piattaforma per ricerche contestualizzate a livello locale, in molti casi non hanno nemmeno un Impact Factor.
Editoriale vs. articolo scientifico: una distinzione fondamentale
Un editoriale, come quello pubblicato su “The Lancet Regional Health”, molto breve e senza firma, non è equiparabile a un articolo scientifico tradizionale. Gli articoli scientifici si basano su protocolli di ricerca, includono metodi dettagliati, analisi dei dati e risultati verificabili, che devono essere sottoposti a un processo di peer review complesso, in particolare per le riviste di livello più elevato. Gli editoriali, invece, sono opinioni o analisi scritte dai membri dell'editorial board della rivista o da esperti invitati. Essi mirano a stimolare il dibattito, fornire interpretazioni o proporre raccomandazioni, senza però presentare nuovi dati o risultati sperimentali.
L'editoriale in questione discute la frammentazione del sistema sanitario italiano e le sue implicazioni per la raccolta dei dati sanitari. Sebbene il tema sia rilevante e l'analisi stimoli riflessioni utili, il valore scientifico degli statements è inferiore rispetto a quello di un articolo basato su dati originali e metodologia rigorosa e rappresenta di fatto solo l’opinione dei membri dell’editorial board.
In un contesto accademico o scientifico, gli editoriali hanno un ruolo importante per indirizzare le priorità di ricerca o delineare prospettive, ma non possono essere considerati alla pari di studi che forniscono evidenze concrete.
Il prestigio e l'impatto di un contenuto pubblicato dipendono non solo dalla rivista ma anche dalla tipologia di contributo. Vale quindi la pena perder tempo a commentare? Lascio a voi questa valutazione.
E’ anche per questo che nel nostro lavoro quotidiano ci occupiamo di medical education, per formare autori, ricercatori e medici sul processo di scrittura, revisione e submission di diversi tipi di contenuti. Cerchiamo anche di spiegare le differenze tra le varie riviste e i diversi editori, con approfondimenti e grande accuratezza anche nella scelta delle pubblicazione e nel critical appraisal dei contenuti nonché dei vari journals.
Caro Alessandro,
ho letto quanto tu hai scritto con interesse.
Oserei dire che a livello Europeo (ci posso mettere pure la Svizzera dove io vivo e lavoro? Certo che ce la metto!), anzi mondiale, le cose da questo punto vanno male-male! Da ormai più di 10 anni mi occupo un po' di queste questioni e non vedo passi avanti significativi. Da un lato il desiderio e l'interesse per sistemi interoperabili o per un sistemone unico è scarso (certo non è facile, ci mancherebbe, bisognerebbe partire quasi da zero... e capisco che è meglio mettere pezze - anche se ormai siamo alle pezze delle pezze, sinceramente), dall'altro - giustamente - leggi e regolamenti si sono negli anni inaspriti. Le due cose, tra l'altro, hanno viaggiato alle loro velocità e su rette parallele (che dalla prima lezione di geometria sappiamo che... esatto, non si incontrano mai!). Il futuro prossimo chiaramente richiede una forza lavoro in grado di stare al passo sia con la tecnologia, sia con gli aspetti più burocratici che, nonostante la GDPR, sono anche spesso pericircostanziali (noi facciamo così, voi cosà, certo, bene, peccato che gli ammalati si spostano tirandosi dietro le loro malattie ovunque vanno). Non dimenticando gli aspetti formativi che sono quasi totalmente ignorati. Tanti che lavorano nell'ambito "Medicina Informatica" (eh, cosa? Chi? Medicina che? Il computer? L'internet? Ah l'intellegenza artificiale, i robot... fico!) si sono "fatti da soli" con gran fatica. Questo, però, nostante la questione "di necessità, virtù" ha parecchi svantaggi e onestamente non possiamo più permettercelo (in nessuna nazione e continente - mica solo in Italia).
Come la salute pubblica è stata "scoperta" col COVID... temo che prima o poi si capirà l'importanza di questioni legate alla "medical informatics" o "public health informatics" (urca qui poi, rocket science) quando le pezze non terranno più e l'abito sarà sgualcito e pieno di buchi.
Non entro in dettagli sull'editoriale perché l'hai già fatto bene tu. Io penso solo che parlare di Italia senza fare almeno un'analisi comparata di altri stati, almeno europei, abbia pochissimo senso.